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Istituto Ortopedico del Mezzogiorno d'Italia - Reggio Calabria Il trattamento ideale della malattie reumatoide, come è stato dimostrato negli ultimi anni, richiede l'impiego di un farmaco attivonei confronti dell'affezione in toto e non solo a livello delle manife- stazioni flogistiche elementari, e che sia nello stesso tempo di tossi-cità estremamente ridotta, incapace di dar luogo a fenomeni di resi-stenza da parte dell'organismo. Anche se l'avvento degli steroidi haportato ad una svolta decisiva nella terapia dell'artrite reumatoide,è pur vero che tutte le scuole reumatologiche hanno preconizzatol'associazione di cortisonici con un medicamento capace di prolun-gare, anche dopo la sospensione della terapia con gli steroidi, i bene-fici con essa ottenuti.
Oltre 5 anni or sono la nostra scuola preconizzò l'uso dell'acido paraaminosalicilico, e specialmente paraaminosalicilato di calcio, nelleartriti reumatoidi, esponendo i convincenti risultati della sperimen-tazione su oltre 100 casi. Pur permanendo convinti di quanto espostonel 1954, la nostra attenzione si è da qualche tempo rivolta ad unnuovo preparato. La parola « nuovo » va qui intesa in senso relativo,perché non è di recente acquisizione la sostanza, ma piuttosto il suo uso in pratica reumatologica. Intendiamo qui parlare della Clorochina,di-fosfato della 7-cloro-4 (4'dietilamino-l-metil-butil-amino)-chinolina.
Già in un lavoro di PAGE del 1951 si accennava ad una azione di un antimalarico, l'Atebrin (dicloridrato di 2-metassi-6-cloro- -dime-tilamino-d-pentilamino-acridina), sul lupus eritematoso; lo stesso A.
osservò anche la regressione di due casi di sinovite cronica sul corso di una terapia protratta con Clorochina.
L'anno successivo lo stesso A. descrisse due tentativi di terapia con antimalarici, compiuti su piccoli gruppi di pazienti affetti daforme reumatoidi. Egli conseguì successi inattesi, specialmente neicasi ribelli ad altri trattamenti, ma lamentò anche la comparsa, inqualche caso, di inconvenienti (xantocromia, dermatite esfoliativa).
Successivamente FREEDMAN e BACH trattarono alcuni casi di po- liartrite cronica con Clorochina, che, secondo le loro osservazioni, non provocherebbe manifestazioni collaterali (xantocromia, agranulo-citosi), ottenendo risultati da essi ritenuti molto buoni, e comunque tali da consigliare una sperimentazione su vasta scala.
Tutte le sperimentazioni successive al 1952 furono compiute con Infatti dal punto di vista strutturale la Clorochina ha la stessa catena laterale dell'Atebrin, inserita in eguale posizione rispetto alcomplesso nucleo aromatico, che però manca di un anello benzolico,non rientrando perciò nel gruppo dei derivati acridinici. Pertanto laClorochina è una sostanza incolore, e, secondo gli studi compiutiin Malariologia, particolarmente tollerata.
Questa particolare tollerabilità ha fatto sì che la Clorochina sia stata sperimentata ampiamente negli anni successivi al 1952, anchese è stato possibile stabilire solo recentemente una valutazione cri-tica dei risultati: è emerso un dato fondamentale, che cioè oggi laClorochina è il farmaco che più si avvicina al preparato ideale perun trattamento protratto della malattia reumatoide, anche in rap-porto alla profilassi delle recidive.
Dal 1957 ad oggi abbiamo trattato con Clorochina 79 malati Premettiamo che in gran parte la diagnosi di artrite reumatoide era basata su chiari sintomi clinici e radiologici. In 7 casi inveceerano presenti solo alterazioni articolari (edemi periarticolari, mo- dici idrartri), da noi interpretate come reumatoidi in base agli esamidi laboratorio, e come tali trattate. Abbiamo preferito per quantopossibile spedalizzare i malati, specialmente nel periodo di attaccodella cura, per proseguire la terapia di mantenimento ambulatoria-mente.
Dosi - Nella fase di attacco, durata in media 40 giorni, ab- biamo somministrato una compressa da 0,250 g. di Clorochina, con-tenente g. 0,15 di base attiva, due volte al giorno. La terapia di mantenimento è stata attuata con una compressa al giorno da 0,250 g.
Abbiamo, a volte, intercalato alla terapia di mantenimento, brevi cicli di 20 gg. di terapia con 0,500 g.p.d. di Clorochina.
Le compresse sono state somministrate con poca acqua durante o subito dopo i pasti principali, e, nel caso della terapia di mante-nimento, con il solo pasto serale, allo scopo di ovviare alla nausea che talvolta compare dopo l'ingestione del medicamento.
Questo dosaggio è stato stabilito in seguito all'osservazione che in terapia antimalarica e antiamebica la dose di g. 0,5 è ben tolle- La clorochina nel trattamento della malattia reumatoide I 79 malati da noi trattati sono stati tutti seguiti e controllati per almeno 3 anni. In essi la terapia si è protratta per almeno 12mesi fino ad un massimo di più di due anni.
28 pazienti (pari al 36 %) sono stati curati solo con Clorochina, alle dosi da noi precedentemente accennate.
Di essi 20 erano portatori di gravi forme reumatoidi, ribelli ad ogni cura, ed in particolari resistenti alla terapia con cortisonici econ sali di oro.
I rimanenti 51 pazienti, pari al 64 % sono stati trattati con Clo- rochina associata a altri farmaci: essenzialmente cortisonici (predni-sone o desametasone) e acido para-amino-salicilico, sempre partendodal criterio di affidare alla Clorochina una terapia di mantenimentoe prevenzione, intervenendo saltuariamente con gli altri farmaci Per poter seguire con regolarità l'andamento della malattia i pazienti sono stati sottoposti ad una accurato esame preliminare ead esami di controllo che sono stati ripetuti ogni mese nei malatispedalizzati, e ogni 2 mesi nei malati ambulatoriali.
Gli esami praticati sono stati i seguenti: 1) Esame clinico generale con particolare riferimento al sistema loco- motore. Molta importanza è stata attribuita ai dati obiettivi dellemisurazioni delle circonferenze degli arti e delle articolazioni, edelle escursioni articolari.
2) Esame emocromocitometrico completo.
3) Velocità di eritrosedimentazione.
4) Reazioni di labilità colloidale del siero di sangue.
Sono state effettuate in alcuni pazienti anche la ricerca del titolo antistreptolisinico, della concentrazione di proteine nel siero e della Purtroppo per ragioni indipendenti dalla nostra volontà, queste indagini non sono state eseguite in tutti i pazienti, e pertanto nonabbiamo potuto tenerne conto nella elaborazione critica dei risultati.
Abbiamo invece scrupolosamente raccolto tutte le notizie e le impressioni dei pazienti sul decorso della malattia. E' noto infattiche una componente importante dell'A.R. è la componente psichica,che viene ad influire direttamente, attraverso un ciclo di riflessi psicosomatici, sulle costituenti organiche del morbo.
Per lo studio dei risultati abbiamo creduto opportuno seguire lo standard proposto dall'American Rheumatism Association, che quiappresso riportiamo: l - Iniziale (Osteoporosi senza modificazioni radiologicamente ap- prezzabili; mancanza di noduli o di tenosinovite).
II - Moderato (modica distruzione di tessuto osseo o cartilagineo; noduli o tenosinovite accertabili in questo stadio o nei succes- III - Grave (distruzione di tessuto cartilagineo e osseo, atrofia mu- scolare estesa, sublussazione, deviazione ulnare).
IV - Terminale (stadio III più anchilosi).
l - Funzionalità del tutto normale.
II - Proporzionata (normale attività nonostante l'handicap).
III - Limitata (esegue poche o nessuna funzione pertinente all'usuale attività o alla cura della propria persona).
IV - Soggetto incapace (scarsa o nessuna cura della propria persona).
I - Completa remissione (analisi di laboratorio negative e man- canza di sintomi di affezione reumatoide; possono persisterealterazioni anatomiche irreversibili).
II - Notevole miglioramento (possono persistere residui minimi di tumefazioni articolari; fenomenologia morbosa in atto).
III - Modesto miglioramento (infiammazioni articolari solo parzial- IV - Nessun miglioramento o peggioramento (analoghi o peggiorati i reperti clinici e di laboratorio).
Abbiamo con ciò cercato di seguire una linea di giudizio unica in tutti i casi, allo scopo di eliminare per quanto possibile i criterisoggettivi di valutazione.
Dei nostri pazienti 28 (pari al 35,5 %) hanno presentato una risposta di I grado, 24 (30 %) di II, 16 (20,5 %) di III e 11 (14 %)di IV grado.
Non c'è stata alcuna differenza tra i pazienti trattati con sola clorochina e quelli trattati con clorochina associata a steroidi o adaltre sostanze (APAS), salvo che nel tempo di risposta alla terapia, La clorochina nel trattamento della malattia reumatoide Dei 28 pazienti che hanno presentato una completa remissione della sintomatologia 17 erano sottoposti a trattamento associato ed 11a sola clorochina. Le undici risposte negative si sono invece verifi-cate in soggetti che già precedentemente erano stati trattati senzasuccesso con altre terapie (steroidi, oro, fenilbutazone), e che pre-sentavano compromissioni articolari di notevole grado, datanti da lungo tempo e tali da farli classificare nel IV stadio della malattia.
Abbiamo cercato, per una maggiore chiarezza di esposizione dei ri-sultati, di raggruppare le caratteristiche in alcune tabelle che ripor-tiamo qui appresso (Tabelle 1-2-3).
TABELLA III - Rapporti tra risposta e stadio della malattia. Come si può rilevare dalle tabelle su riportate i risultati pos- sono senz'altro essere considerati come soddisfacenti. Infatti il mi-glioramento è stato notevole nel 65,5 %, tale da poter ritenere com-pletamente superato l'episodio reumatoide. Non esiste dubbio che tale miglioramento sia dovuto alla terapia clorochinica, come risultaevidente in quei casi in cui le precedenti terapie erano fallite e checon la clorochina hanno presentato una netta regressione.
E' evidente dalla Tab. II che la risposta alla clorochina non può ritenersi immediata. Anzi, la caratteristica della clorochinoterapia èun grafico di risposta, la cui curva presenta una graduale ma co-stante salita, fino ad una stabilizzazione, che si verifica in mediadopo 2 mesi. Questa è la ragione per cui con la clorochina non siassiste a quelle risoluzioni « drammatiche », come per i cortisonici,ma è anche vero che una volta ottenuto un miglioramento, questo ècertamente più stabile di quello che si ha con altri farmaci.
La Tab. III mostra i rapporti tra grado di miglioramento ogget- tivo e stadio dell'affezione reumatoide all'inizio della terapìa conclorochina. Abbiamo voluto stabilire questa tabella per renderci contopiù dettagliatamente delle risposte alla terapia clorochinica.
I miglioramenti più evidenti si sono notati sopratutto in quei malati i quali erano al II stadio della malattia, ossia erano affetti datumefazioni e rigidità articolari di discreta entità, con modica distru- zione del tessuto osseo, con tenosinoviti, noduli reumatoidi e dolori D'altra parte è interessante notare come il 20 % dei malati del III stadio, ossia dei malati gravi, che presentavano distruzioni tissu-lari ossee e cartilaginee (erosioni articolari e paraarticolari), atrofieossee, atrofie e fibrosi muscolari, sublussazioni e deviazioni dell'assearticolare, accanto ad un quadro sierologico completamente positivo,hanno avuto una remissione completa, mentre il 40 % ha presentatoun miglioramento notevole, soprattutto del quadro sintomatico arti-colare, dal quale sono scomparsi dolore e tumefazioni, pur perma-nendo ancora positivo, seppur migliorato, il reperto Rdx.
Lo studio dei singoli aspetti del quadro clinico ci ha permesso Esamineremo i vari elementi della sindrome reumatoide, da noi seguiti nel periodo del trattamento clorochinico: Dolore - Iniziamo dal sintonia più importante, almeno psichica- mente, perché agli occhi del malato è proprio la scomparsa del do-lore che condiziona elettivamente la bontà del trattamento.
Dobbiamo subito distinguere due gruppi di malati: il primo è quello in cui è stato praticato un trattamento associato (51 pazienti); nel secondo invece è stata somministrata solo clorochina.
La clorochina nel trattamento della malattia reumatoide L'attività analgesica del farmaco si è rivelata nel primo gruppo come conseguente ai miglioramenti ottenuti con la terapia cortiso-nica o paraaminosalicilica, o pirazolica (che abbiamo praticato solo nei casi di compromissioni articolari particolarmente dolorose).
Allorché il trattamento associato è stato sospeso non si sono Nei pazienti del secondo gruppo il miglioramento è stato meno spettacolare, ma certo più significativo.
Esso si è verificato lentamente, ma progressivamente, fino ad una scomparsa completa delle algie articolari in 8-10 settimane, paral-lelamente alla risoluzione delle tumefazioni articolari.
E' evidente quindi che l'effetto analgesico della clorochina è primitivamente un affetto antiflogistico. Dobbiamo infatti ammet-tere che la scomparsa della congestione articolare fa sì che venganoa mancare le sostanze algesiogene di Lewis; la detensione capsulareattenua inoltre gli stimoli dolorosi propriocettivi dovuti alla devia- Nei pazienti del III stadio la remissione del dolore è stata più lenta, meno evidente: in essi non era solo lo stato di flogosi a creareìli condizioni cliniche e meccaniche sulle quali il farmaco potesseagire elettivamente; il dolore era invece dovuto ad alterazioni irre- versibili, specialmente dei tessuti cartilaginei, tali da irritare perma-nentemente le terminazioni nervose articolari. In questi casi i pa-zienti si sono grandemente giovati di un trattamento immobilizzante:la immobilizzazione, sottraendo l'articolazione agli stimoli motorii eimpedendo che meccanismi riflessi interferissero sulla flogosi arti-colare, ha agevolato notevolmente la regressione della sintomatologiadolorosa.
Tumefazioni - La misurazione sistematica della circonferenza degli arti ha messo in evidenza che le tumefazioni articolari e peri-articolari scompaiono definitivamente in corso di trattamento cloro-chinico, precocemente nei pazienti del primo gruppo (trattamentoassociato), e verso la 4a-6a settimana nei pazienti del 2° gruppo (soloclorochinoterapia).
Il dato fondamentale però è quello che nelle tumefazioni impo- nenti caratterizzate da reazioni sinoviali altamente essudative si as-siste non solo ad una detensione delle cavità sinoviali, ma anche aduna modifica dello stato disergico della sinovia, per cui, in caso diinterruzione del trattamento e di recidiva dell'idrartro, questo nonha mai l'importanza primitiva.
Negli idrartri recidivanti abbiamo associato alla clorochina un trattamento parallelo con vitamina C,P,PP, per influire sulla capil-larità vasale e sulla permeabilità delle membrane.
Abbiamo praticato raramente artrocentesi, e solo in presenza di Anche in quei casi in cui le tumefazioni articolari non erano dovute a idrartri, ma ad infiltrati infiammatori periarticolari, conpastosità ed iperplasia della sinovia, abbiamo notato miglioramentinotevoli. Sono state influenzate sopratutto quelle imbibizioni parar-ticolari, che spesso condizionano sfavorevolmente le sindromi reu-matoidi.
Le misurazioni segmentarie ci hanno inoltre permesso una inte- ressante serie di osservazioni sulle ipotrofie muscolari dell'A.R. Manmano che la terapia clorochinica procede, e la sintomatologia sirisolve, anche le amiotrofie tendono a migliorare, mai però con larapidità con cui regrediscono i fatti articolari. Abbiamo avuto casiin cui le atrofie muscolari hanno rappresentato l'unico esito di unaforma reumatoide, esito resistente alle cure fisiochinesiterapiche piùaccurate. E' necessario quindi dedicare particolare attenzione, fin dalprimo inizio di una terapia antireumatica, a controllare il trofismo muscolare e sopratutto quello del quadricipite, che è il muscolo menoproclive alla ripresa funzionale, se non si vuole correre il rischio divedere sminuito o annullato il risultato di lunghi mesi di cura.
Nei pazienti da noi trattati, la clorochina ha svolto nei confronti delle limitazioni funzionali un'azione preventiva e terapeutica allostesso tempo. In presenza infatti di forme ampiamente essudative,riuscendo con essa a far regredire lo stato flogistico, abbiamo impe-dito che i processi di proliferazione e di degenerazione fibrinoidelegati allo stato infiammatorio rappresentassero altrettanti fattori capaci di limitare ulteriormente ed in maniera irreversibile la moti-lità articolare.
Gli esiti dell'infiammazione reumatoide rappresentati da limi- tazioni articolari sono stati altrettanto bene combattuti dalla terapia clorochinica; solo in pochi casi, tutti ormai al III stadio della ma- lattia, abbiamo ottenuto un miglioramento parziale o addirittura scarso: dobbiamo però pensare che in questi casi la limitazione arti-colare non è legata solamente ad alterazioni delle superfici artico- lari, ma anche a reazioni degenerative, talvolta irreversibili, dalcollageno della capsula articolare ed a deviazioni connettivali del Abbiamo in questi casi associato un trattamento fisiochinesite- rapico attivo e passivo; in presenza di contratture più gravi abbiamosempre praticato la immobilizzazione in apparecchio gessato o latrazione transcheletrica allo scopo di porre in riposo le articolazioniinteressate e di accelerarne il rilasciamento.
Non caratteristiche sono state le variazioni del numero degli eosinofili; c'è stata, è vero, in qualche caso, una brusca caduta del numero degli eosinofili, specialmente in quei casi in cui più elevate erano le note disergiche della malattia reumatoide; non c'è statoperò il parallelismo della risposta consensuale con le altre manife-stazioni patologiche.
Le reazioni di labilità serica sono invece state costantemente influenzate dalla clorochina. La reazione di Weltman, quella di Ta-kata, e quella al formolgel, inizialmente rivelatrici di una notevolealterazione dello stato fisico delle proteine plasmatiche, e pertantofortemente positive, si sono normalizzate durante il corso del tratta-mento, di solito anche precocemente rispetto alla risposta articolare alla clorochina. Solo in 5 casi non abbiamo avuto modificazione dellereazione di Weltmann e Takata. Negli stessi casi, tutti con manife-stazioni articolari molto gravi, la velocità di eritrosedimentazione èrimasta elevata, nonostante che la residua sintomatologia obiettivae subiettiva dimostrasse un discreto miglioramento.
Nei casi in cui abbiamo potuto determinare il comportamento della proteina C. reattica serica, abbiamo notato una normalizzazionedella prova nel corso del trattamento clorochinico.
Si riteneva, fino a qualche tempo fa, che la clorochina fosse un farmaco dotato di notevole tossicità. Ebbene, al termine di una spe-rimentazione di notevole durata e sopratutto condotta con la mas- sima accuratezza, possiamo affermare che la terapia clorochinica,praticata con le dovute modalità è una terapia che non presentapericoli.
Si è parlato di complicanze le più varie, tali comunque da indurre a interrompere il trattamento. Dermatite, nausee, metror-ragie, leucopenie, tumefazioni delle ghiandole cervicali, gastro-ente-riti sono risultate infine, tra la miriade di fenomeni collaterali ad- dotti, quelli che si verificherebbero con maggiore frequenza. Al ter-mine della nostra sperimentazione io ho però tratto l'impressione che, come succede spesso agli albori di una terapia, sia sia voluta gettare troppa acqua sul fuoco di troppo facili entusiasmi, che siacioè accaduto che l'orgasmo del risultato eclatante abbia fatto aumen-tare oltre il limite le dosi e diminuire le precauzioni, come trasparetra le righe di molti dei primi ricercatori (BAUMER, SCHWIETE, VA- RINOS, ecc.). Prova ne sia che la gravita delle complicanze appaianei lavori più recenti piuttosto attenuata. Passando ad un esameanalitico di quanto da noi riscontrato, dirò che in un solo caso èstato necessario interrompere il trattamento, e ciò solo per una intol-leranza psichica del malato ad una terapia protratta in genere, e La clorochina nel trattamento della malattia reumatoide non al farmaco in particolare. Nel primo periodo del trattamento, e specialmente nei pazienti più giovani, abbiamo notato leggere nausee dopo l'ingestione del medicamento, risolte spontaneamentecon l'avvertenza di far ingerire il farmaco dopo i pasti. Non abbiamoriscontrato alcun caso di dermatite, nè di leucopenia. Secondo lanostra esperienza però il fattore che potrebbe provocare la com- parsa di manifestazioni secondarie, è solo la somministrazione di dosiabnormemente elevate per un tempo molto lungo: pensiamo cioè che,isolatamente, nè il fattore quantità nè il fattore tempo siano ingrado di evidenziare una tossicità. Sia ben inteso che per quantitànoi intendiamo sempre dosi alte, ma terapeutiche, come ad esempioi due grammi p.d. che si usano nell'eccesso malarico. Dirò di più: isoli fenomeni di intolleranza vera sono stati osservati nel gruppo di pazienti ai quali è stata praticata la associazione di cortisone e Cloro-china: intolleranza manifestatasi sopratutto con cefalee, nausee esenso di tensione endooculare, e scomparsa con la soppressione delcortisone e continuando con la clorochina a dose piena. La remis-sione di detti fenomeni è stata graduale, ma abbastanza netta dopol'abolizione dei cortisonici.
La nostra esperienza contrasta qui con quella di MIDANA e DE- PAOLI che osservarono un fenomeno del tutto opposto: la scomparsadell'inappetenza e delle vertigini associando alla clorochina dosimediche di prednisone.
Non particolari differenze di reazione abbiamo notato usando in sostituzione della clorochina un suo derivato idrogenato, ossia l'idrossiclorochina solfato. Dagli studi più recenti, a parità di azione,esso sarebbe meglio tollerato rispetto alla Clorochina. Dalla nostraesperienza risulta che ambedue le sostanze presentano una partico-lare tollerabilità, per cui, essendo identiche le modalità di azione,è indifferente usare l'una o l'altra.
Nel corso del trattamento, in 18 casi abbiamo osservato, dopo un miglioramento abbastanza sensibile, recidive che hanno condizio-nato tutta la successiva terapia. In 5 di questi 18 casi, la recidiva èstata determinata dall'interferenza di noxe patologiche di notevole entità, in l da uno stress psichico piuttosto intenso. Nei restanti 12 casi le recidive sono intervenute nel corso di un periodo di terapia disordinata (dosi non costanti o inferiori a quelle prescritte). Inquesti casi è bastato riportare le dosi a 0,500 gr. p.d. per ottenereun sollecito ripristino della risposta terapeutica. Occorre però direche in tutti questi pazienti le recidive erano state piuttosto blande, e comunque tali da non comportare mai un ripristino completo dellainiziale sintomatologia.
Nei restanti 6 casi è bastato curare la causa collaterale o, nel- l'unico di essi in cui la causa era psicologica, istruire un trattamentoidoneo: in tutti, però, le dosi terapeutiche sono state portate a 0,500gr. p.d. e così mantenute. Tale dose è stata sempre tollerata perfet-tamente. Nei pazienti in cui la remissione sembrava definitiva, ed in cui era stata sospesa la terapia clorochinica, non si sono manife-state (anche a distanza, in alcuni di essi, di due anni) recidive nelsenso vero della parola. Vi sono state però alcune alterazioni dellostato di benessere articolare, come, ad esempio, modiche tumefazionio dolenzie, che ci hanno convinto a istituire saltuarii cicli di terapia clorochinica (0,500 gr. p.d. per l mese, con tre mesi di intervalloera un ciclo e l'altro) anche in pieno benessere.
Sono bastati pochi giorni di terapia per far scomparire la sin- tomatologia dolorosa o la tumefazione articolare.
I risultati delle nostre ricerche confermano che la clorochina esercita una azione quanto mai favorevole su tutto il quadro cli-nico della artrite reumatoide. Questa azione si estrinseca con fasi emodalità caratteristiche, che vedremo ora di riassumere.
1) La clorochina non dà remissioni folgoranti della sintomato- logia, come avviene con i cortisonici e con i derivati del pirazolone.
Al contrario abbiamo visto che i primi risultati cominciano a conse- guirsi dopo un periodo che va da 4 a 12 settimane: non ci si deveattendere quindi dal farmaco un risultato eclatante. E' perciò oppor-tuno associare nella prima fase della terapia altri medicamenti, edessenzialmente i cortisonici. Allorché si sospende il ciclo di steroidi, i miglioramenti ottenuti si mantengono costanti e si stabilizzano finoalla remissione totale della sintomatologia.
Nella prima fase della malattia è sempre opportuna una terapia collaterale ortopedica. In particolare noi abbiamo curato che le arti- colazioni fossero quanto più possibile in riposo: ove necessario siamoricorsi agli apparecchi gessati, correggendo eventualmente con essi le attitudini viziose. In qualche caso di spondilosi rizomelica con compromissione delle articolazioni coxo-femorali, siamo ricorsi allatrazione transcheletrica bilaterale. Abbiamo poi praticato una siste-matica ginnastica terapeutica associata a cure fisiche, allo scopo di reintegrare il trofismo e la validità dei muscoli interessati.
Per quel che riguarda i casi trattati con sola clorochina, pure nel relativo ritardo con cui si instaura la risposta terapeutica, nonabbiamo notato, per quel che si riferisce al grado di miglioramento,risultati sostanzialmente differenti da quelli in cui abbiamo usatogli steroidi, o l'APAS, o i pirazolici. Anzi è nostra personale opinione La clorochina nel trattamento della malattia reumatoide che anche in questi casi la risposta protratta non può essere dovutache alla clorochina, essendo l'azione degli altri farmaci essenzial-mente sintomatica e antiflogistica. Può accadere anzi che la terapiacortisonica peggiori le manifestazioni cliniche in pazienti portatori di forme a tipo perfettamente infiammatorio datanti da molto tempo,che cioè il cortisone venga a turbare lo stato equilibrio che si èformato, peggiorando le condizioni cliniche.
2) E' necessario che la terapia sia stabilizzata su dosi necessarie di Clorochina, con le quali cioè sia garantita l'azione terapeutica edevitate le manifestazioni collaterali secondarie.
All'inizio della nostra esperienza ci era parso che la dose otti- male fosse di 0,500 gr.p.d. nella fase d'attacco per poi passare a0,250 gr. p.d. come terapia di mantenimento. Con queste dosi nonabbiamo avuto, come abbiamo visto, alcuna forma di intolleranza, ma abbiamo anche osservato qualche caso di recidiva. Siamo perciòpassati ad una terapia di mantenimento basata su cicli alternatidi 0,250 e rispettivamente di 0,500 gr. p.d. di clorochina. I ciclidebbono avere la durata di un mese ognuno. Con tali dosi non sisono avute intolleranze o manifestazioni secondarie, ove si eccettuiqualche caso di nausea risolto spontaneamente solo curando che l'as-sunzione del farmaco avvenisse dopo i pasti principali, e, nel caso di una sola compressa al giorno, dopo il pasto serale. Non si sonoavuti fatti collaterali anche in casi in cui la terapia con steroidi erastata impossibile (ulcere gastriche, nefropatie).
Dopo il termine del trattamento abbiamo creduto opportuno pre- scrivere cicli periodici di terapia (gr. 0,500 di clorochina p.d. perl mese) ogni quattro mesi, al fine di evitare eventuali manifesta-zioni cliniche residue.
3) Quando si inizia un trattamento con clorochina bisogna tenere conto che non si tratta mai di un trattamento breve. In primo luogo,per alcune settimane, talvolta per qualche mese, non si avrà alcuninflusso esteriore sulla malattia reumatoide; in secondo luogo si devetener presente che la malattia reumatoide investe tutto l'organismo,è una affezione grave e ritenuta finora ribelle ad ogni terapia. Nellamigliore delle ipotesi l'optimum dell'azione terapeutica non potràaversi prima dei 6-10 mesi, quando non ne siano necessari 12-15, il che d'altra parte lascia presupporre che si tratti di una terapia cau-sale e non sintomatica. Pertanto il trattamento non deve essere maipiù breve di due anni, salvo poi a continuare sotto la forma deicicli periodici prima descritti. Interrompendo precocemente il trat-tamento si può perdere ogni beneficio ottenuto. Nella letteraturasono frequenti i casi di recidive complete quando la terapia si siadovuta interrompere (ad es. per intolleranza).
4) Gli 11 casi in cui la risposta alla terapia è stata negativa (etichettata di IV grado), presentavano tutti il IV stadio della ma- lattia, ossia anchilosi più o meno spiccata, atrofie muscolari estese,sublussazioni delle dita, datanti da molto tempo, e resistenti a tuttele altre terapie più comuni.
5) Il maggior beneficio si è avuto nel II stadio della malattia, ossia nei casi in cui, pur nella chiarezza della sintomatologia, le alte-razioni non erano tali da compromettere irrimediabilmente la fun-zionalità articolare. D'altra parte occorre considerare che i malati nel II stadio sono quelli che più numerosi si presentano alla nostraosservazione. Spesso sono casi vergini, nel senso che precedentementela diagnosi di malattia reumatoide non è stata posta, e non è stataperciò praticata alcuna terapia specifica.
I pazienti che presentavano forme al III stadio, ossia di una particolare gravita, hanno dato una risposta positiva per il 60 %,anche se piuttosto tardiva. Nel rimanente 40 % la risposta è stataquella di una modesto miglioramento, con parziale risoluzione dellaflogosi articolare, scarso miglioramento delle atrofie muscolari e dellecontratture.
Non è facile stabilire con esattezza il meccanismo d'azione della Clorochina in campo reumatologico. Fino a pochi anni or sono l'in-teresse riservato alla Clorochina in farmacologia si imperniava sullasua interferenza nel ricambio degli agenti patogeni della malaria,della amebiasi e della tricomoniasi, ma non su eventuali interferenze sul metabolismo dell'uomo, che di questi agenti patogeni è ospite.
E' noto infatti che l'azione degli antimalarici in vivo corrisponde aquella in vitro, la quale a sua volta trova espressione in un antago-nismo nei riguardi di determinati effetti farmacologici della ade- nosina, vale a dire di una importante componente di certi coenzimi.
Da un punto di vista prettamente clinico è notevole che i sog- getti affetti da malattia reumatoide presentino inizialmente, quandosiano sottoposti a terapia con clorochina, una sensazione di maggiorbenessere, un miglioramento delle condizioni generali, già dalle pri- me settimane di trattamento. In un secondo tempo il progressivomiglioramento trova espressione anche in una diminuzione delletumefazioni, delle algie e degli spasmi muscolari.
L'ipotesi più semplice è che questi fenomeni siano dovuti a una azione cortisono-simile, ossia a tipo antiflogistico e antianafilattico.
Ad un esame appena più approfondito l'ipotesi si rivela infondata,per molti motivi: La clorochina nel trattamento della malattia reumatoide a) Il cortisone non provoca gli stessi effetti primitivi sulle condizioni generali, sul numero degli eritrociti, sulla emoglobina; b) non è assolutamente costante, nel trattamento clorochinico, la c) non è mai stato osservato alcun effetto fisiologico della Clorochina simile a quello del cortisone e dell'ACTH; d) la clorochina non provoca alterazione dello stato allergico; e) la Clorochina non esercita una azione inibente i fenomeno di dif- fusione dei tessuti, come invece fanno cortisone e ACTH; f) la Clorochina non influisce sulla permeabilità cellulare.
Il meccanismo d'azione della Clorochina ha invece più il carat- tere di una lenta neutralizzazione del fenomeno patogenetico stesso,come è dimostrato dalla normalizzazione delle prove umorali, delquadro clinico, dai valori emoglobinici.
Lo stesso periodo di latenza dell'azione terapeutica fa presup- porre che l'azione sia del tutto causale, nel senso di una normaliz-zazione di equilibri in alcuni sistemi, come quello enzimatico, quellocolloidale etc., con conseguenti riflessi su tutto l'organismo.
Vediamo su quali basi teoriche si fondi questa ipotesi: 1) Abbiamo visto che, in campo malariologico, la clorochina esercita, in vivo e in vitro, sugli agenti patogeni, una azione inibitrice sulla 2) HAYDU, nel 1949, ha avanzato l'ipotesi che le sostanze affini alla chinina potessero, inconsiderazione della loro attività inibentesulla adenosin-trifosfatasi (CARRERAS e Coll.), riuscire utili al finedi imbrigliare l'elevata richiesta di energia da ATP, caratteristicadella malattia reumatoide; 3) KURNICK, nel 1956, ha richiamato l'attenzione su un altro effetto fisico della Clorochina: in vitro il farmaco forma un compostostabile con l'acido desossiribonucleinico polimerizzato, impedendocosì l'azione della desossiribonucleinasi; 4) GERLACH, nel 1958, ha messo in evidenza una azione inibente della Clorochina sul sistema della deidrogenasi glutammica.
Dalle sue esperienze è emerso che il farmaco possiede sul detto sistema una azione inibente genuina, estesa ad entrambi i versi della reazione, la cui intensità dipende dalla dose e dal pH ambientale.
Da questo punto di vista l'azione della Clorochina parrebbe avvi- cinarsi a quella dei derivati 8-aminochinolinici, in quanto essa si esprimerebbe attraverso la formazione di un complesso tra il radicale chinolinico e quello enzimatico contenente lo zinco. In tal modo laclorochina entrerebbe in antagonismo con l'acido alfachetoglutarico.
Gli studi su queste interferenze enzimatiche della Clorochina sonotuttora in corso. Alcuni punti sono ormai chiariti, circa l'influenzadella clorochina sul ricambio normale o alterato. Mi sia consentitaperò a questo punto una considerazione: si parla di azione causaledella Clorochina sulla malattia reumatoide, tutti studiano questomeccanismo d'azione, ma nessuno si chiede come sia possibile eviden-ziare il meccanismo d'azione causale in una malattia di cui si sconoscela causa, l'agente patogeno. Perché altrimenti di questo passo si giun-gerà a dar ragione a RINEHARD, quando questi scriveva che, poichéla Clorochina è in grado di sopprimere la artrite reumatoide cosìcome sopprime l'amebiasi o la malaria, è logico ritenere che l'agentepatogeno della malattia reumatoide possa essere simile all'amebae ai plasmodi!! Quello che è invece certo, è che la Clorochina sembra in grado di invertire il meccanismo patogenetico della malattia con l'identicoschema di lenta progressione con cui la malattia si instaura.
A questo punto è opportuno fare una considerazione « a poste- riori » : abbiamo visto che il farmaco ha una influenza nettissima su tutte le prove miranti a svelare le condizioni dei colloidi plasmaticie le variazioni del loro stato fisico. Ora, è indubbio che tra i variaspetti del quadro clinico, quello delle alterazioni plasmatiche sia ilpiù significativo, essendo le sue caratteristiche costanti, comparendonella fase più precoce della malattia, prima che si manifestino leprime avvisaglie articolari. Pertanto oggi l'orientamento modernodelle ricerche mira a precisare più che la causa prima delle altera-zioni in parola, le modalità patogenetiche di condizioni umorali chesi accompagnano alla morfologia patologica ben nota. In questo senso, anzi, l'alterazione umorale va posta in primo piano quale anellodella catena patogenetica.
Le alterazioni delle caratteristiche fisiche delle proteine del pla- sma entrano in questo campo con importanza preponderante. Il cam-biamento di stato fisico delle macro-molecole determina una diminu-zione della stabilità di sospensione del plasma. Ecco quindi l'aumentodella velocità di sedimentazione delle emazie, l'agglutinazione intra-vasale delle emazie, le alterazioni dei colloidi plasmatici. Con ogniprobabilità proprio a queste alterazioni si deve far risalire il primoanello della catena patogenetica. Anzi, di giorno in giorno, si precisae si fa più evidente che proprio l'aggressione intravascolare deglieritrociti possa essere il fenomeno guida.
1) in tutte le forme Clinicamente attive la eritroaggregazione intra- La clorochina nel trattamento della malattia reumatoide vasale è sempre presente ed in misura spesso notevole: anchenelle forme Clinicamente silenti, e nelle quali alcune prove bio-umorali inducono a sospettare un'attività reumatica, il fenomeno è non solo evidente, ma spesso assai intenso; 2) le terapie ormonali lasciano praticamente immodificato, anche dopo un certo tempo dalla remissione clinica, il reperto biomi-croscopico congiuntivale; 3) la terapia clorochinica agisce progressivamente sul fenomeno della eritroaggregazione intravasale, riducendolo fino a valori del tutto normali della prova biomicroscopica congiuntivale.
1) STEIMBUCH e QUENTIN, nel 1957, hanno dimostrato che gli anti- malarici chinolinici sono assorbiti dalla superficie degli eritrociti, sono capaci di flocculare soluzioni di fosfolipidi stromali; 2) KNISELY e BLOCH, nel 1942, hanno dimostrato che nelle scimmie malarizzate, prima della terapia antimalarica era presente unamarcata eritroaggregazione intravascolare, che cominciava a risol-versi già dopo 6-12 ore dalla somministrazione di antimalarici,fino a scomparire completamente; 3) MADOW, nel 1960, ha riferito una notevole esperienza clinica di malattie vascolari, trattate con solfato di idrossiclorochina, nelle quali era evidente l'azione del farmaco sul fattore eritroaggrega- 4) BUZAGH e SZONJI, nel 1949, hanno dimostrato che l'impilamento e l'aggregazione delle emazie dipendono dalla formazione sullaloro superficie di un velo colloidale, quello stesso che FAHRAEUSchiamò « sostanza collosa ».
La clorochina impedirebbe la formazione di questo « velo » per azione diretta sulle sospensioni colloidali e per azione fisica da assor-bimento sulla superficie dei globuli rossi.
Gli studi recenti di PEMBERTON, FRONTALI, LUNEDEI, SCALABRINO e PASQuARIELLO hanno dimostrato che il meccanismo patogeneticodella eritroaggregazione intravascolare nel determinismo dei feno-meni reumatoidi è dato da: a) un alterato coefficiente di utilizzazione di O2, nel distretto muscolo- articolare dei reumatici, come conseguenza di un disturbo nei processi di diffusione al confine artero-venoso, anche nei soggetti b) una alterata permeabilità capillare, documentata da una aumen- tata filtrazione transcapillare delle proteine, e presente anche in c) una sistematica alterazione delle strutture capillari con conse- guenti modificazioni emodinamiche alla periferia microvascolare.
Siamo perciò giunti al punto di poter affermare che la Cloro- china agisce sul sistema eritroaggregante, sia direttamente, sia attra-verso i meccanismi enzimatici di regolazione colloidale. Si viene cosìa creare un nesso sillogico tra questa nostra affermazione e l'impor-tanza patogenetica negli ultimi tempi assunta dalle modificazionidella crasi proteica nell'artrite reumatoide. Se è vero cioè che allabase della malattia reumatoide è una alterata colloidoclasi e unaeritroaggregazione intravascolare, e poiché è dimostrato che propriosu queste alterazioni la Clorochina agisce elettivamente, viene spon-taneo pensare che in questo campo va ricercato il meccanismo diazione: meccanismo d'azione patogenetico dunque e non etiologico,come avevamo sempre supposto. E invero, in una malattia che sem-bra costituire una manifestazione patologica unica di risposta acause diverse, è proprio sulla risposta patogenetica unica che va adesercitarsi l'azione farmacologica della Clorochina. Derivano da ciòle caratteristiche di questa azione: periodo di latenza, durata, sta-bilità.
La ricerca clinica da noi descritta per esperimentare un farmaco che desse una sufficiente garanzia di successo nella malattia reuma-toide, è stata condotta sempre col fine pratico del risultato defini-tivo, risultato definitivo che in fondo nessuno dei farmaci finora sperimentati ci aveva dato, proprio perché tutti avevano in comunedi essere esclusivamente sintomatici, ossia in grado di risolvere unoo più aspetti del quadro clinico, ma non di interferire sul mecca-nismo patogenetico generale. L'essere stata questa indagine esperitain un reparto ortopedico e su malati ortopedici ha a c u i t o il suo carat-tere pratico. Siamo perciò in grado di poter definire con esattezza, all'infuori di viete considerazioni dottrinali, quel che è il dato fon-damentale da noi posto in luce: che cioè oggi la Clorochina sembraessere l'unico farmaco veramente efficace sulla malattia reumatoide.
E' un rimedio terapeutico al quale ci si deve accostare con consape-volezza critica. Da esso non potremo ottenere quelle guarigioni dram-matiche, quelle risoluzioni immediate sintomatologiche, così di moda oggi: solo con pazienza, spesso anche attraverso una sottile operadi convincimento dei malati, così difficili e così intolleranti psichica-mente, otterremo con la Clorochina risultati definitivi, e in uncampo ove finora di definitivo non v'era se non la gravita dellamalattia.
Non staremo qui a ripetere modalità o caratteristiche della tera- La clorochina nel trattamento della malattia reumatoide pia: le abbiamo ampiamente esposte nel corso della relazione cli-nica. E' nostro intendimento però dire che, proprio da noi ortope-dici, può venire il vero orientamento terapeutico della malattia reu-matoide. Non bisogna dimenticare che si tratta di malati nei qualioccorre associare ai farmaci una costante ricerca del recupero fisico,senza il quale ogni terapia è mutile. E' perciò necessario ricorrere a tutti i mezzi fisici che sono a nostra disposizione: non esitare acorreggere le deformità, quando ciò sia opportuno per una più sol- lecita ripresa funzionale, avendo però sempre questa come fine ulti-mo. Sopratutto non bisogna attendere, ma prevenire, senza però faregrandi progetti terapeutici, ma solo ponendo indicazioni sicure. Nonè ignorata l'importanza dei fattori psicosomatici, ed è perciò dannoso sottoporre i pazienti allo stress psichico della delusione.
Ecco quindi chiariti i punti chiave della terapia. Siamo, con la Clorochina in possesso di un farmaco non dannoso, efficace certa-mente in funzione dei suoi limiti, che sono: lentezza, ma sicurezzadi risultato, per una interferenza diretta e concreta sul meccanismopatogenetico della malattia reumatoide.
Riassunto
L'A. espone i risultati di una lunga indagine condotta su pazienti affetti da malattia reumatoide, al fine di esperimentare l'azione di un antimalarico,la Clorochina, su quella affezione. I risultati sono oltremodo favorevoli, dimo-strando essi una evidentissima azione della Clorochina sulla artrite reumatoide,con miglioramento sensibile fino alla completa risoluzione di essa.
Il meccanismo di azione sembra essere quello di una interferenza sulla patogenesi stessa della malattia, nel senso di una regolarizzazione della crasiproteica e soprattutto della eliminazione della eritroaggregazione intravascolare.
Résumé
L'A. expose les résultats d'une recherche sur des malades souffrant d'ar- thrite rheumatoïde, dans le but d'expérimenter l'action d'un antimalarique, lachloroquine, sur cette affection. Les résultats ont été très favorables et ontdemontré une action très evidente de ce médicament sur l'arthrite rheuma- toïde avec une amélioration sensible qui arrive à la guérison complète.
Le méchanisme d'action paraît se baser sur une interférence sur la pa- thogénèse de la maladie, étant donne qu'on obtient une régularisation det'équilibre des protéines et surtout une élimination de la érythroaggrégationintravasculaire.
The A. exposes the results of a research on the action of an antimalaric drug, Chloroquine, on patients suffering from rheumatoid arthritis. Theresults have been most favorable as there exists a considerable activity of thisdrug on the reumatoid arthritis which shows a marked improvement leadingto complete regression.
The mechanism of action appears to be based upon an interférence on the pathogenesis of the disease itself, as it obtains a regularisation of the proteicbalance and the elimination of the intravascular erythroaggregation.
Zusammenfassung
Der Verf. bringt die Resultate einer langen Untersuchung über die Wir- kung eines antimalarischen Präparats, Chlorochina, auf die rheumatoide Ar-thritis. Man erzielt sehr befriedigende Resultate, da dieses Präparat zu einerwesentlichen Besserung der Form und auch zum vollkommenen Verschwinden Der Wirkungsmechanismus besteht wahrscheinlich in einer Interferenz mit der Pathogenese der Krankheit da es zu einer Regularisierung des Protei- naushaltes und hauptsächlich zur Elimination der intravaskulären Erythroag- Bibliografia
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