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000_b.fm Page 1 Monday, September 17, 2007 4:55 PM Nel migliore dei mondi possibili, la pubblicazione di questo li- bro scuoterebbe come un terremoto il dibattito italiano su Internete le nuove tecnologie di comunicazione. Se non produrrà nemme-no uno scarto, significa che quel dibattere è una parvenza di vita,finestre sbattute dal vento in una villa disabitata, mortorio al cuiconfronto un poltergeist è il Carnevale di Rio.
Cultura convergente è un saggio rivoluzionario per molte ragio- ni. La prima è un marchio di fabbrica anglo-sassone: l’essere com-prensibile, appassionante, farcito di prove ed esempi. Nel testo si faspesso riferimento ad autori europei, capaci di brillanti costruzioniteoriche, ma molto meno dotati nel tradurle in un linguaggio im-mediato e in pratiche sociali osservabili. Come per magia, nelle pa-gine di questo libro ogni oscurità concettuale si fa cristallina.
Il secondo merito è che il professor Jenkins si immerge nella cultura popolare del nostro tempo, fotografa in che modo le nuovetecnologie la stanno cambiando, poi torna in superficie e ci mostraun reportage che in realtà non è sui mezzi di comunicazione ma sucoloro che li usano per comunicare. Nelle sue foto ci siamo noi.
A questo proposito, occorre fare subito una precisazione impor- In Italia per “cultura popolare” si intende di norma quella folk, preindustriale o comunque sopravvissuta all'industrialismo. “Cul-tura popolare” sono i cantores sardi o la tarantella.
Chi usa l'espressione in un contesto differente, di solito si riferi- sce a quella che in inglese si chiama “popular culture”. Qui da noisiamo soliti definirla “cultura di massa”, espressione che ha unomologo anche in inglese (“mass culture”), ma Jenkins fa notare 000_b.fm Page 2 Monday, September 17, 2007 4:55 PM che il nome ingenera un equivoco, e inoltre c’è una sfumatura di si-gnificato tra “mass culture” e “popular culture”.
L'equivoco è che la “cultura di massa” – veicolata dai mass me- dia (cinema, tv, discografia, fumetti) – non per forza dev’essereconsumata da grandi masse: rientra in quella definizione anche undisco rivolto a una minoranza di ascoltatori, o un particolare gene-re di cinema apprezzato in una nicchia underground. Oggi la stra-grande maggioranza dei prodotti culturali non è di massa: viviamoin un mondo di infinite nicchie e sottogeneri. Il mainstream gene-ralista e “nazionalpopolare” è meno importante di quanto fosse untempo, e continuerà a ridimensionarsi.
La sfumatura di significato, invece, consiste in questo: cultura di massa indica come viene trasmessa questa cultura, vale a dire attra-verso i mass media; cultura popolare pone l'accento su chi la rece-pisce e se ne appropria. Di solito, quando si parla del posto che latale canzone o il tale film ha nella vita delle persone (“La senti? Èla nostra canzone!”), o di come il tale libro o il tale fumetto ha in-fluenzato la sua epoca, si usa l’espressione “popular culture”. Il problema è che il dibattito italiano sulla cultura pop novanta volte su cento riguarda la spazzatura che ci propina la televisione,come se il “popular” fosse per forza quello, mentre esistono distin-zioni qualitative ed evoluzioni storiche, altrimenti dovremmo pen-sare che “Sandokan”, “Star Trek”, “Lost2, il TG4 e “La pupa e ilsecchione” sono tutti allo stesso livello, o che Springsteen, i REM,Frank Zappa e Shakira vanno tutti nello stesso calderone, o chenon esistono distinzioni tra i libri di Stephen King e quelli dellebarzellette su Totti, dato che entrambi li ritrovi in classifica.
Ci sono due schieramenti l’un contro l’altro armati – e dalle cui schermaglie dovremmo tenerci distanti: da un lato, quelli che usa-no il “popolare” come giustificazione per produrre e spacciare fe-tenzie; dall’altra, quelli che disprezzano qualunque cosa non vengaconsumata da un’élite.
Sono due posizioni speculari, l’una sopravvive grazie all’altra.
Le accomuna l’idea che a fruire della cultura pop siano le massemute dell’Auditel, dei sondaggi di mercato, del botteghino.
La terza benedizione di questo libro è proprio questa: va alla ra- dice di molti equivoci e li estirpa, sposta il cuore dei problemi, daun groviglio inestricabile di banalità a una nuova prospettiva, unmodo di affrontare le questioni che spiazza e ridisegna ogni barri-cata.

Source: http://www.apogeonline.com/2007/libri/88-503-2629-7/ebook/pdf/jenkins_prefazione.pdf

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