Il concetto di recupero ambientale è andato via via negli anni evolvendosi
VALORIZZAZIONE PAESAGGISTICA DEL MARGINE FLESSURALE BRESCIANO (VPMaFleBs)
Il concetto di recupero ambientale è andato via via evolvendosi negli anni. Da un modello concettuale di ristrutturazione del territorio, finalizzato unicamente a mascherare le ferite prodotte sul paesaggio, si è passati ad un modello concettuale volto non solo al ripristino, ma anche alla fruizione e valorizzazione storico-culturale oltre che, naturalmente, geologica del territorio. Si è passati quindi da un modello più artificioso ad un modello più compatibile dal punto di vista paesaggistico. È proprio sulla base di questo principio che si è giunti all’idea progettuale di “Valorizzazione paesaggistica del margine flessurale bresciano” (VPMaFleBs) presentata dal gruppo PhytosferaSGP nell’ambito del concorso europeo di idee “L’area marmifera del Botticino, sviluppo minerario e risanamento territoriale”, tenutosi a Botticino nel mese di novembre. E’ necessario premettere inoltre che, in base alla legislazione vigente (L.R. 14/98, D.G.R. 7/7857 del 25/01/2002), il recupero ambientale delle cave assume carattere di obbligatorietà a carico del cavatore e che, tramite fideiussione, devono essere garantiti contestualmente al progetto di coltivazione della cava gli interventi necessari di recupero, da svolgersi in caso di inadempienza da parte dell’ente di controllo. Come si vedrà nel seguito, l’obbligatorietà del recupero non comporta giocoforza l’onerosità degli inteventi, potendosi prospettare non solo costi ridotti ma anche l’individuazione di nuove fonti di guadagno. L’idea progettuale fondamentale interessa principalmente le cave ancora attive (benchè alcune indicazioni progettuali possano essere applicate in modo proficuo a siti occupati da cave dismesse) e consiste nell’assegnazione di linee guida “geologicamente orientate” da osservare nella conduzione dell’attività di escavazione: in pratica si tratta di indicare come vadano proseguiti i lavori e quali siano le geometrie da assegnare alle superfici di escavazione perché l’intero fronte di cava sia rimodellato, ricreando forme naturali in stretta connessione con il paesaggio circostante. L’obiettivo finale, di conseguenza, è di ottenere nel tempo, attraverso la prosecuzione dell’attività di escavazione, una morfologia riscontrabile tuttora nelle zone circostanti, del tutto analoga a quella esistente prima dell’apertura delle cave. Al fine di conseguire organicamente tali obiettivi è necessario ripensare la morfologia dell’intero versante in cava, ripararla in corrispondenza delle discontinuità introdotte dall’uomo o ricostruirla interamente laddove troppo lontana da quella originaria. Lo stumento utilizzato per operare in tal senso è il disegno di nuove curve di livello. L’operazione di definizione delle nuove isoispe è lo strumento basilare dell’operazione di valorizzazione paesaggistica, conseguita in prima battuta facendo arretrare le superfici compromesse dai lavori di escavazioni e riducendo le quote in modo appropriato perché il profilo finale risulti ricucito nelle ferite più evidenti. Il risultato finale proposto nel lavoro prevede un assetto geomorfologico estremo a cui tendere in un’ottica di lungo periodo, dato che, in un contesto territoriale così profondamente interessato da attività estrattiva come quello bresciano, non è possibile pensare ad un recupero risolutivo in pochi anni. Al fine di applicare al meglio l’idea progettuale, sono state considerate due specifiche aree d’indagine: l’una caratterizzata da un rilevante impatto paesaggistico (zona di estrazione del Botticino classico lungo le propaggini sud-occidentali del M.te Fratta), l’altra contraddistinta da una compromissione naturalistico-ambientale molto elevata (zona di Mazzano dal M.te Marguzzo al M.te Cavallo). Per ciò che riguarda l’ambito estrattivo del Botticino classico, l’operazione di ridefinizione della morfologia è stata condotta tenendo sempre in considerazione la prospettiva percepibile dai centri abitati limitrofi. Inoltre, in relazione al particolare livello di corruzione della naturalità del versante, fortemente impattante dal punto di vista paesaggistico ma non ancora così elevato da richiedere per essere riparato una risagomatura che stravolga interamente l’assetto del versante, è stato possibile operare un arretramento del fronte parallelamente a se stesso, con sostanziale mantenimento della pendenza media originaria. Il recupero ambientale è infine conseguito adottando, sulle superfici modellate secondo l’assetto geomorfologico indicato, le tecniche ricostruttive specificate nel seguito. Come ulteriore prescrizione progettuale, si è vincolata l’area di escavazione del marmo utilizzato per la realizzazione dell’Altare della Patria in modo tale da preservarla da qualsiasi intervento che possa pregiudicarne futuri utilizzi (manutenzioni, restauri ecc.). Data l’elevata rilevanza scientifica che la zona presenta, nel contesto del recupero ambientale è stata anche valutata la semplice predisposizione di una zona museale aperta. Questa è da realizzare in corrispondenza del versante destro della valle del rio Rino, di fronte alle cave, in quanto la successione presente evidenzia caratteri peculiari di elevato valore scientifico. Si hanno: passaggi stratigrafici esposti; variazioni litologiche evidenti che documentano i cambiamenti paleogeografici; orizzonti ad ammoniti già studiati profondamente in passato; fenomeni di risedimentazione (nodularità dei calcari e slumps) e ampio sviluppo dei termini del “Corso”. Per ciò che riguarda invece le cave presenti nel bacino estrattivo di Mazzano, al fine di rimediare ad una situazione altamente compromessa dal punto di vista naturalistico-ambientale, è stato necessario delineare uno scenario di progetto in cui, attraverso interventi marcati di risagomatura della morfologia, il profilo del versante risultasse addolcito in corrispondenza dei punti maggiormente alterati (laddove le scarpate e le discontinuità artificiali hanno portato a veri e propri muraglioni subverticali con pendenze prossime all’80%) con una consistente modifica delle altimetrie ed una generale riduzione delle pendenze. Il conseguimento del ripristino definitivo viene raggiunto adottando inoltre una particolare tecnica di valorizzazione geologica della zona, da condurre in sinergia alle modalità ricostruttive di rinaturalizzazione (di cui come detto si parlerà in modo più esteso nel seguito): l’idea progettuale, che può essere adottata in tutte le cave impostate in breccia (Nuvolera, Nuvolento, ecc.), consiste nell’esaltazione visiva superficiale di un modello strutturale profondo. Si tratta di riprodurre, mediante l’attività di escavazione su rocce non ovunque stratificate, una disposizione a strati modellati a flessura (v. figura 1).
L’obiettivo è quello di creare una situazione morfologica del tutto naturale, simile a quella che figura 2 caratterizza la Corna nella sua porzione meridionale di raccordo con la pianura, che riproponga l’assetto geologico del margine flessurale perialpino (v. figura 2
– Flessura dell’Albenza) visibile in superficie dal Lago
Maggiore al bresciano (Flessura periadriatica).
Scelto l’assetto geomorfologico a cui tendere mediante la medesima attività di escavazione, il recupero della vegetazione deve avvenire, come già più volte richiamato in precedenza, con l’applicazione del metodo ricostruttivo. Si tratta di un metodo di recupero “a steps” (ciclica alternanza di attività estrattiva e attività di ripristino della vegetazione) che prevede quattro fasi operative: asportazione degli originali orizzonti che costituiscono il suolo (top-soil, sub-soil, cappellaccio di alterazione), deposito e conservazione dei medesimi, risagomatura con mezzi appropriati dei gradoni di cava (v. figura 3), ricostruzione del profilo originario. L’accurato trattamento dei gradoni di cava che prevede lo smussamento mediante disgregazione degli spigoli (con conseguente produzione di materiale in parte destinato al mercato e alla fruizione dei cementifici e in buona parte appositamente mantenuto in loco ai fini della rinaturalizzazione), non potrà che comportare l’ottenimento di pendii meno acclivi, privi di artificiosità, con conseguente ripresa della vegetazione più rapida. I tempi di ripresa della copertura erbacea e arbustiva vengono accelerati sfruttando il potenziale rigenerativo naturale del suolo (“banca semi”) che viene ripristinato sul nuovo profilo morfologico. Il suolo, infatti, già possiede il necessario per rinaturalizzare l’area: deve essere posizionato in modo che non venga dilavato prima della formazione delle prime erbe e dei primi arbusti. In conclusione, di fronte ad un’oggettiva difficoltà di ricostruzione di morfosculture naturali, a causa della frammentazione degli interventi prodotti dall’attività estrattiva, si deve necessariamente procedere a profonde risagomature morfologiche, attraverso la prosecuzione della medesima coltivazione delle cave, definita da rigide impostazioni progettuali. Si sottolinea che le situazioni proposte sono state considerate come estreme e che le situazioni intermedie possono essere valutate in funzione di esigenze plurime. Si rileva infine l’assenza di significativi costi aggiuntivi rispetto a quelli già quantificati nei piani di coltivazione e la possibilità di un’ulteriore commercializzazione dei residui prodotti nel corso della riprofilatura dei gradoni. Per ulteriori informazioni o qualsiasi chiarimento è possibile contattare i componenti del gruppo: Dott. Geol. Paola Sala – oppure [email protected] Dott. in Sc. Nat. Guido Andreotti – Dott. in Sc. Nat. Mauro Perracino – Dott. in Sc. Nat. Giovanni Santamaria Dott. in Sc. Nat. Giulia Vercesi –
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