Nell’incentivazione del fenomeno contemporaneo delle td e di altre forme di dipendenza non farmacologica, possono essere chiamati in causa fattori di tipo diverso, capaci di esercitare forme di pesante pressione di marca suggestiva sui potenziali fruitori
MAURIZIO CRISPIUGENIO MANGIAAURIZIO MONTALBANO*** Economia psichica dipendente: disintossicazione forzata, trattamenti sostitutivi ed espressività psicopatologica. Brevi note in margine ad un caso clinico. ABSTRACT Economia psichica dipendente: disintossicazione forzata, trattamenti sostitutivi ed espressività psicopatologica. Brevi note in margine ad un caso clinico.
Come è ampiamente dimostrato nella letteratura specialistica, la dipendenza da sostanze psicotrope (che in termini di dinamiche interne non è altro che una variante della cosiddetta economia psichica dipendente)può rappresentare un tentativo di “auto-terapia” per fronteggiare stati psichici minacciosi o per combattere e lenire stati di intensa angoscia (spesso di natura paranoide) o di depressione. In questa prospettiva gli Autori - a partire dalla presentazione di un caso clinico che è stato preso in carico dal Servizio per le Tossicodipendenze (SER.T) presso cui opera uno di essi e le cui vicissitudini sono state riprese con grande riso- nanza dalla stampa locale ed anche nazionale - si soffermano ad analizzare il significato clinico della comparsa di mani- festazioni psicopatologiche in concomitanza con la riduzione progressiva del dosaggio di una terapia sostitutiva meta- donica a lungo termine (che si può considerare come una variante particolare della manque tossicomanica descritta nella letteratura francese) oppure con l’immissione in programmi terapeutici con farmaci antagonisti (naltrexone). Il caso riportato contribuisce validamente ad illustrare un punto nodale nella corretta gestione degli utenti tossicodipen- denti dagli oppiacei, per i quali non deve mai essere programmata ed attuata in modo meccanico e standardizzato una disintossicazione dall’eroina o dal farmaco sostitutivo utilizzato, senza tener conto di un’accurata analisi preliminare delle caratteristiche dell’utente e del suo quadro di personalità. Una disintossicazione forzata ed intempestiva che non tenga conto del timing, cioè di una sua esatta collocazione tem- porale e che vada, quindi, a dissestare in modo irreparabile e senza fornire adeguati sostituti il regime di soddisfacimen- to dei neobisogni specifici della economia dipendente, può determinare gravi danni in termini di scompensi psicopato- logici gravi, sino a forme severe di tentato suicidio. Sulla base di queste considerazioni, gli Autori rilevano che un’attenzione prioritaria a questi aspetti può rientrare- all’interno di una coerente strategia di riduzione del danno.
Nell’incentivazione del fenomeno contemporaneo delle Tossicodipendenze e di altre forme di
dipendenza patologica (fondata sull’assunzione di farmaci legali o illegali), possono essere chiamati in causa fattori di tipo diverso, capaci di esercitare sul “consumatore/fruitore” potenziale dipendente forme di pesante pressione di marca suggestiva. Tali pressioni sono portate avanti, a volte in modo ingenuo e grossolano, a volte in modo più sottile, attraverso l’utilizzazione sapiente degli artifici delle tecniche pubblicitarie, altre volte, infine, con l’avallo del sapere medico e delle lobby farma-ceutiche
Se la matrice di tali fattori è di tipo socio-antropologico, la risposta che essi suscitano è legata
alla specifica configurazione psicodinamica dei diversi destinatari, più o meno inconsapevoli dei messaggi, ed al fatto che tali stimolazioni attivano in ciascuno di essi complessi fenomeni collega-bili alla questione della clinica della dipendenza ed alla sua patogenesi.
* Medico Psichiatra, responsabile del Ser.T. della Azienda U.S.L. 6 di Palermo ** Psicologo presso la Casa Circondariale Ucciardone di Palermo *** Psichiatra presso il Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura dell’Ospedale Ingrassia di Palermo 1 Tali modalità suggestive di controllo possono essere illustrate da molteplici esempi, desumibili dalla crona-ca quotidiana, dal media-system e dall’esame di numerose idiosincrasie culturali e/o sub-culturali.
Quindi, ad integrazione del concetto di società normalmente tossicomanica
bisogna affiancare, come utile modello esplicativo, la configurazione dell’economia psichica di-pendente, ben descritta da J. McDougall.
Infatti, secondo quest’Autrice: “Dipendenza” è un termine che ha qualche connessione con uno stato di schiavitù. In inglese la connes-sione è anche etimologica; schiavitù si può dire anche addiction. Anche se il “dipendente” può sentirsischiavo del tabacco, dell’alcool, del cibo, dei narcotici, degli psicofarmaci o di altre persone, questi og-getti non sono affatto la meta della sua ricerca. Al contrario, gli oggetti da cui si è dipendenti vengono vissuti come essenzialmente “buoni”, e a volte divengono persino la sola ragione per cui valga la pena vivere. L’economia psichica su cui si regge il comportamento dipendente ha il compito di disperdere i sentimenti di angoscia, di rabbia, di colpa, di depressione, nonché qualsiasi altro stato affettivo capace di far insorgere una tensione psichica insopportabile. Questa tensione può anche includere affetti in sé pia-cevoli, ma anche tali da mobilitare sentimenti di eccitazione vissuti come proibiti e persino pericolosi. (Degli alcolisti non si dice forse che sono sempre in ritardo ai funerali come alle nozze?) Una volta creato o scoperto, il ricorso alla sostanza o all’atto da cui si dipende viene tenuto a portata di mano per attenua-re, sia pure per un breve momento, queste esperienze affettive quando si fanno minaccioseCorsivo no-stro]. Questo tipo di assetto, così incisivamente descritto, può costituire, in termini psicodinamici
individuali, una base intensamente drammatica per le tendenze tossicofile così largamente rappre-sentate nella società contemporanea.
D’altra parte, sempre secondo la McDougall, risulta anche che: . cercare un oggetto da cui si è dipendenti non equivale a volersi consapevolmente avvelenare; si tratta anzi di un atto che comporta l’illusione di fare qualcosa per aiutarsi a superare le difficoltà della vita quotidianaCorsivo nostro]. Si introduce così, con il riconoscimento del riferimento forte alle dinamiche psicologiche in-
dividuali e gruppali e attraverso l’impiego delle coordinate fornite dal concetto di economia psichi-ca dipendente, l’idea che il primum movens dell’approccio clinico all’uso di sostanze psicoattive (e, ovviamente, ad una quantità di altri comportamenti non farmacologicamente fondati, ma esprimenti anch’essi la dinamica della dipendenza), sia dato dalla ricerca e dall’attivazione di una forte attitu-dine auto-terapeutica ed dall’insieme dei comportamenti tendenti a mantenerla in opera, almeno fintantoché sia vantaggiosa dal punto di visto dell’equilibrio costi/benefici .
Infatti, seguendo Mc Dougall si può dire che: . la dipendenza è un tentativo di auto-terapia di fronte a stati psichici mi Sembrerebbe che, nella psicogenesi di quest’assetto di economia psichica dipendente, abbia
una funzione decisiva la disorganizzazione dei primi rapporti madre-figlio, che può risultare dal danneggiamento dello sviluppo di quella che Winnicott definisce la “capacità di essere soli”
2 Per l'approfondimento di questo concetto si rimanda a due testi: G. Martignoni, (a cura di), Seduzioni di normalità. Linguaggi giovanili degli Anni Ottanta, Edizioni Alice, 1990 e G. Martignoni, (a cura di), A come Alice. Mutamenti generazionali e fenomeno droga. Esiste un nuovo tossicomane?, Ed. Alice, Bellinzo- na, 1986. 3 J. McDougall, Eros. Le deviazioni del desiderio, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1997. 4 Ib. 5 Ib. 6 Cfr. D. W. Winnicott, (1965), Sviluppo affettivo e ambiente. Studi sulla teoria dello sviluppo affettivo, Armando Editore, Roma, 1970.
Il piccolo cercherà continuamente la presenza della madre per far fronte a qualsiasi esperienza affettiva, indipendentemente dal fatto che provenga dal mondo psicologico interno o dall’ambiente esterno. Per via delle sue angosce, dei timori e dei desideri inconsci che le sono propri, una madre è potenzialmente capa-ce di trasmettere al suo piccolo quello che potremmo definire un rapporto dipendente della sua presenza e delle cure che gli prodiga. In un certo senso, è la madre a essere in uno stato di “dipendenza” rispetto al
neonato” Quindi, se risulta sufficientemente chiaro che le Tossicodipendenze sono catalogabili in virtù
della loro dimensione di comportamenti sintomatici di secondo livellosia disturbi psichici sia di tipo sindromico (Asse I), sia disturbi di personalità nell’accezione propo-sta dal DSM (Asse II) che attraversano trasversalmente l’intero spettro psichiatrico, invece - da un punto di vista nosografico-classificatorio, ragionando in termini di possibili forme di co-morbilità risulta che la carenza della droga d’abuso prescelta, ovverossia la sperimentazione della manquepuò attivare lo scompenso di una costellazione psicopatologica tenuta sotto controllo proprio dal regime di assunzioni della sostanza psicoattiva prescelta per le sue valenze auto-terapeutiche.
E’ questo il motivo per cui una disintossicazione forzata e attuata in tempi troppo rapidi senza
tenere conto della concreta possibilità di attivazione di adeguate strategie di copying da parte dell’individuo, può facilitare l’insorgenza di stati psicopatologici di vario genere, quali ad esempio, per citare due delle manifestazioni più estreme, la comparsa di una forte componente depressiva che in tempi rapidi può evolvere sino al tentativo suicidiario spesso eclatante, oppure lo strutturarsi di uno stato ideo-affettivo che, dalla sperimentazione di un’atmosfera delirante, evolva verso floride forme deliranti di tipo paranoide.
Per lo stesso motivo, l’antagonizzazione della Dipendenza dagli Oppiacei, realizzata con la
somministrazione cronica di farmaci antagonisti a lunga durata di azione (Naltrexone) oppure attra-verso la stabilizzazione della dipendenza dagli oppiacei con l’utilizzo di farmaci sostitutivi in proto-colli terapeutici protratti, possono introdurre il rischio consistente di una de-stabilizzazione psichi-ca, dal momento che per via dell’azione del farmaco antagonista o attraverso una saturazione dei re-cettori degli oppiacei con il farmaco sostitutivo, si annulla la possibilità che l’individuo possa speri-mentare le valenze auto-terapeutiche peculiari della sua droga d’abuso (che solo limitatamente - oc-corre ricordare - dipendono dalle caratteristiche farmacologiche della sostanza ed in misura ben maggiore dalle attribuzioni di significato che vi convergono), dando pertanto via libera all’espressi-vità psicopatologica non più frenata nel suo manifestarsi.
Viceversa, la stabilizzazione della dipendenza dagli oppiacei realizzata attraverso la sommini-
strazione cronica del Metadone Cloridrato a dosaggi sufficientemente elevati può indurre, quasi paradossalmente, una de-stabilizzazione dell’individuo in quanto, rendendogli più difficile la spe-rimentazione del’azione farmacologica dell’eroina, ma anche demotivandolo a farne uso, lo priva della funzione auto-terapeutica di tutte quelle azioni fortemente coinvolgenti e generatrici di identi-
7 J. McDougall, op. cit. 8 Cfr. a questo proposito L. Cancrini, Il vaso di Pandora. Manuale di Psichiatria e psicopatologia, La Nuo- va Italia Scientifica, Roma, 1991. 9 Cfr. M. Clerici, La psicopatologia come variabile predittiva dell'esito del trattamento dei disturbi da uso di sostanze, in L. Romeo (a cura di), La ricaduta tra percorso tossicomanico e strategie terapeutiche, Edi- zioni Alice, Comano, 1995. 10 E’ preferibile, a nostro avviso, utilizzare il termine manque, in quanto mentre il termine “astinenza” ri- manda tout court al concetto di sindrome d’astinenza come un complesso sindromico che fa la sua comparsa dopo un certo numero di ore dalla completa sospensione dell’assunzione di una data sostanza, il concetto di manque invece sembra essere più complesso in quanto rimanda ad una situazione di tipo carenziale, non necessariamente correlata alla completa sospensione delle assunzioni della droga d’abuso che insorge all’in- terno del complesso quadro dell’economia psichica dipendente. A questo proposito si rimanda a G. Marti- gnoni, Le fasi del processo terapeutico: note per un modello teorico, in G. Martignoni, (a cura di), (1991), op. cit..
tà, legate al procacciamento della droga illegale, nelle quali sino a prima era quotidianamente impe-gnato.
A tal riguardo, per illustrare efficacemente le considerazioni sovraesposte vorremmo prendere
in considerazione un caso clinico che riteniamo particolarmente esemplificativo.
Il caso clinico di A., ovvero l’irruzione del delirio come ele- mento di ri-strutturazione della de-stabilizzazione psichica in- dotta dallamanque
Si tratta di un giovane di trent’anni circa, che, dopo una lunga storia tossicomanica nel corso della
quale sono stati tentati tutti i possibili strumenti terapeutici disponibili e si sono registrati anche lunghi perio-di di remissione clinica spontanea della Dipendenza, è stato ammesso ad una terapia metadonica protratta - quando si è verificato che la sua condizione tendeva ad assumere sempre più nettamente un andamento cro-nicizzante, con forti spinte verso un’accentuazione del degrado socio-esistenziale a fronte di una sua prece-dente valida integrazione lavorativa.
A. - così indicheremo il nostro soggetto - si è presentato sin dall’inizio come un personaggio scarsa-
mente energico, poco volitivo, tendenzialmente portato ad assumere comportamenti basati su di una modalità di identificazione adesiva con tutti i suoi interlocutori e nello stesso tempo a vivere un forte rapporto di tipo quasi simbiotico-fusionale con il proprio padre, accompagnato dal quale, puntualmente si recava ogni giorno al Servizio per assumere la sua dose di Metadone.
A. si è mostrato sempre ossequioso con il personale del SER.T, poco portato ad assumere posizioni au-
tonome e ad esprimere sue preferenze personali, tendenzialmente passivo ed amorfo nella sua adesione alle diverse articolazioni del Programma Terapeutico e Socio-Riabilitativo per lui disposto.
Per A., transitoriamente sospeso dalla sua attività di lavoro qualche tempo prima per motivi connessi
con la sua Tossicodipendenza, il Metadone - come prima in modo più distruttivo la droga d’abuso - è venuto ben presto a rappresentare un organizzatore delle sue giornate (del suo tempo) e gli ha fornito un punto forte di ancoraggio e stabilizzazione. Il Metadone, nello stesso tempo ha favorito il dispiegarsi del suo forte biso-gno anaclitico nei confronti di qualsiasi altro oggetto di dipendenza e, in particolare del padre, che peraltro specularmente si è proposto sempre come una figura debole e scarsamente autorevole.
La giornata di A., per tutta la durata del trattamento metadonico, è caratterizzata da questo suo totale
adeguamento passivo alla culla anaclitica che gli è offerta dal padre, altrettanto bisognoso di questo tipo di nicchia rassicurante all’interno della quale contenere le sue ansie, le sue incertezze, la sua incapacità di as-sumere un ruolo forte ed autorevole. Infatti, per il resto della giornata, padre-figlio combinati in una sorta di unità simbionte, svolgono delle attività assieme, attività tutte caratterizzate da una valenza fortemente conte-nitiva.
Tutto procede bene, fintantoché A. - dopo quasi due anni di terapia metadonica protratta, di astensio-
ne totale dall’uso di droghe illegali e di quasi-normalizzazione delle abitudini di vita, ma immesso di fatto in un assetto anaclitico à deux pressoché impenetrabile a qualsiasi tentativo di revisione terapeutica - viene messo di fronte all’ipotesi - non condivisa peraltro dagli operatori del SER.T che lo seguono più da vicino - di una possibile risoluzione della dipendenza dal Metadone.
A., in maniera velleitaria, abbraccia quest’ipotesi (sostenuto in ciò - in maniera altrettanto velleitaria -
dal padre), con l’attivazione della coppia simbiotica sulla declinazione aggressiva dell’anaclitismo di base. Da entrambi pertanto viene richiesto a gran voce, in modi che contrastano con la passività di prima, una ridu-zione del dosaggio metadonico, con il progetto, quindi, di una risoluzione del rapporto di dipendenza dal Metadone e dal servizio. L’urgenza della richiesta è tale che non rimane alcun possibile margine di contratta-zione: viene avviato pertanto, con molti dubbi e perplessità, lo scalaggio del farmaco sostitutivo, al quale di nuovo padre e figlio si adattano in modo passivo e silenzioso.
Quando il dosaggio scende ad un livello critico, A. comincia a manifestare, peraltro in assenza di segni
indicativi di un quadro di astinenza dal metadone in senso stretto, fenomeni di eccitazione che sembrano
quasi configurare un quadro di tipo ipo-maniacale in netto contrasto con il suo precedente modo di relazio-narsi e con il prevalente orientamento depressivo del suo abituale tono umorale.
Quasi contestualmente A., si rende protagonista di un fatto di cronaca che rimbalza velocemente dal
quotidiano locale ad alcune testate della stampa nazionale.
In breve, si verifica quanto segue: in una delle pagine di cronaca del più importante quotidiano di Pa-
lermo compare un articolo a tutta pagina corredato anche di fotografie dei personaggi implicati il cui titolo recita così:
La vede in TV e si innamora di lei. Annulla le nozze e parte per Berlino
La spalla dell’articolo sintetizza la vicenda in questi termini:
. vicecapufficio in una banca di Palermo ha disdetto il matrimonio fissato per il *. Marzo. Un solo istante ed è stato un colpo di fulmine. Ha già fatto le valigie per la Germania: vuole incontrare Nadine Seiffertla.
Con grande sorpresa, gli operatori del SER.T si sono resi conto che il protagonista della vicenda era
proprio A., verificando al tempo stesso che la maggior parte delle notizie inserite nell’articolo non avevano alcuna verosimiglianza rispetto a quanto da essi effettivamente e realisticamente conosciuto dell’utente (l’unico aggancio nel reale essendo il riferimento - per quanto inesatto - alla sua attività lavorativa svolta).
La vicenda, agli occhi degli operatori, pare assumere la configurazione di un episodio eclatante di
pseudologia fantastica, in quanto A. negli ultimi anni non ha avuto significative relazioni affettive, né tanto meno di recente ha stretto un rapporto con una partner definibile in termini di “fidanzamento”. L’articolo è corredato di ampie e circostanziate dichiarazioni rese da A. che agli occhi degli operatori che leggono la notizia sembrano confermare l’impressione che da parte di A. si sia attivato un clima mentale orientato nel senso della pseudologia se non del delirio lucido.
Nella stessa giornata in cui compare l’articolo, A. si presenta al servizio, come sempre accompagnato
dal padre, che sembra mantenere nei confronti della situazione attuale del figlio un atteggiamento di macro-scopico scotoma e che, ancora una volta, sembra voler ridurre tutto ad un problema di farmaci e del loro dosaggio, pur escludendo che A. di recente abbia fatto uso di qualsiasi sostanza, ad eccezione dell’assunzione del metadone nella dose prescritta, sino al giorno prima.
A. appare ipereccitato, ipo-maniacale, logorroico, e chiede di poter parlare con gli operatori con cui ha
attivato un rapporto di fiducia, anche se, in un primo momento, non è ben chiaro quale sia la sua richiesta immediata.
A poco a poco, nel corso del colloquio che segue, si riesce a costruire un quadro degli eventi: sembra
che A., a partire da un nucleo ideo-affettivo originario abbia contattato un giornalista per esporgli la sua “vi-cenda” e che l’offerta da parte di quest’ultimo di un compenso per l’esclusiva giornalistica del pezzo, abbia potenziato gli spunti iniziali spingendolo sempre più a fondo in un’attività confabulatoria che lo ha progres-sivamente distanziato dal reale, invischiandolo in una situazione delirante, pur se con una parvenza di lucidi-tà.
Appare evidente agli operatori che A. si è de-stabilizzato rispetto all’assetto mantenuto sino a pochi
giorni prima di compenso pseudo-normale attraverso la somministrazione di un elevato dosaggio giornaliero di metadone in sostituzione dell’eroina.
11 Si tratta di un’attrice tedesca protagonista di uno sceneggiato televisivo che veniva mandato in onda in quel periodo.
Sembra che A., attraverso la costruzione di questa storia ricca di elementi onnipotenti e megalomani e
la sua narrazione ad un interlocutore “interessato” (il giornalista), abbia attivato fantasmaticamente, una via d’uscita da un rapporto simbiotico decisamente povero di svolte evolutive rispetto alla famiglia di origine e al padre in particolare, sia - in fondo - rispetto al servizio stesso, ma ricadendo d’altra parte, attraverso l’attivazione di un complesso ideo-affettivo quasi-erotomanico nei confronti di un oggetto di desiderio for-temente idealizzato e realisticamente non raggiungibile, in una situazione ancora una volta simbiotica, fru-strante e fortemente de-lusiva.
In connessione con questo tipo di valutazione emergente dal colloquio con A. gli operatori hanno rite-
nuto opportuno proporre di nuovo un aumento del dosaggio del farmaco sostitutivo che in tempi brevissimi ha riportato A. al quadro di normalizzazione per difetto precedentemente osservata e che ha disattivato il complesso ideo-affettivo dell’innamoramento.
A. , assieme al padre, è ritornato dopo il “fuoco” dell’innamoramento per un oggetto lontano freddo e
sostanzialmente irraggiungibile, ad una condizione di “grigia” normalità, anche se forse con una cresciuta consapevolezza sul significato del metadone come farmaco stabilizzatore del suo assetto interno.
Infatti dall’episodio qui raccontato, avvenuto circa un anno fa, A. non è più tornato a chiedere una ri-
duzione del dosaggio del farmaco sostitutivo.
Ci sembra che il caso di A. illustri efficacemente le dinamiche specifiche dell’economia psi-
chica dipendente esposte dalla McDougall, nelle intersezioni tra oggetto tossicomanico e oggetto d’amore idealizzato: il caso di A. offre, infatti, un valido punto di osservazione di una prospettiva psicodinamica secondo cui, in un’organizzazione di personalità border-line per il mantenimento di un assetto psichico sufficientemente stabile (compensato) , all’oggetto concreto e reale (la droga in quanto sostanza “fisica” che si introduce nel corpo, dunque dotata di caratteristiche organolettiche e farmacologiche particolari) può essere adeguatamente sostituito, quindi, soltanto un altro oggetto - egualmente concreto - che abbia qualità analoghe nell’evocare una forma di attrazione quasi assolu-ta e straniante, sovrapponibile per alcuni versi all’oggetto-Sé onnipotente, il cui crollo repentino è, secondo Kohut, alla base degli scompensi rilevabili nelle sindromi marginali e nelle forme di narci-sismo patologico.
In particolar modo, nella vicenda di A., la riduzione del dosaggio del farmaco sostitutivo (che
al livello precedente aveva rappresentato a tutti gli effetti il segmento mancante di una struttura di personalità fragile e fortemente anaclitica) ha attivato una destabilizzazione interna e, come conse-guenza quasi necessaria di fronte all’intollerabile esperienza della perdita, ha avviato il processo di costruzione di un nuovo oggetto-Sé, dotato di peculiari proprietà e capace di supportare il suo biso-gno di una base sicura su cui ri-fondare il proprio Sé.
La situazione delirante, al cui centro A. viene a trovarsi, si costituisce quindi in prima istanza
attraverso un nucleo di auto-narrazione che in un secondo tempo diventa narrazione ad un interlo-cutore (il giornalista): d’altra parte, è noto che – in una prospettiva psicodinamica – l’elaborazione del delirio corrisponde ad un tentativo di ri-costruzione di un mondo più accettabile e più vivibile dopo avere sperimentato l’esperienza intollerabile dell’angoscia di frantumazione e annullamento del Sé.
Solo il ritorno ad un dosaggio più elevato di metadone – quello a cui A. aveva mostrato una
buona stabilità, per quanto per difetto e con una riabilitazione soltanto parziale delle sue potenziali-tà - gli consente di ritrovare una presa più sicura sull’oggetto reale e concreto, l’unico capace di mantenere coesi i pezzi sparsi del suo Sé.
In generale, si può affermare che l’assunzione di sostanze psicoattive interviene in presenza
del fallimento di alcune difese primitive, narcisistiche ed onnipotenti. Il fallimento di tali difese ed il riemergere dell’angoscia persecutoria e depressiva comportano il tentativo di rinforzo delle difese attraverso l’assunzione di sostanza. La negazione, il controllo onnipotente dell’oggetto, le difese maniacali e le diverse forme di passaggio all’atto vengono così trasversalmente rinforzate dall’abuso di sostanza.
Le sostanze psico-attive d’abuso sembrano trasformare le difese attivate da difese fallimentari
in difese riuscite, ovviamente riuscite non nel senso evolutivo del termine, ma nel senso di conteni-mento delle angosce di base. E tali difese possono considerarsi “riuscite” soltanto fino a quando il tossicodipendente riesce a mantenere il rapporto con la sua sostanza d’abuso incontaminato rispetto ad elementi di persecutorietà. Quando ciò avviene, allora, si possono dare tre ipotesi cliniche:
• il passaggio all’uso di altre sostanze o il coinvolgimento in comportamenti non correlati
all’assunzione di sostanze psicoattive che consentano un rapporto meno intriso di persecu-torietà e che abbiano, di nuovo, una piena efficacia autoterapica;
• la de-stabilizzazione psichica seguita dal tentativo di ri-costruzione delirante di un mondo
• il tentativo suicidiario, qualora le ansie psicotiche di frammentazione del Sé diventino in-
Il caso riportato, che - a nostro avviso - rappresenta una buona esemplificazione della seconda ipotesi clinica,
contribuisce validamente ad illustrare un punto nodale nella corretta gestione degli utenti tossicodipendenti dagli oppia-cei, per i quali non dovrebbe mai essere programmata ed attuata in modo meccanico e standardizzato una disintossica-zione dall’eroina o dal farmaco sostitutivo utilizzato, senza tener conto di un’accurata analisi preliminare delle caratte-ristiche dell’utente e del suo quadro di personalità.
Infatti, una disintossicazione forzata ed intempestiva che non tenga conto del timing, cioè di
una sua esatta collocazione temporale nei vissuti dell’individuo e che vada, quindi, a dissestare - in modo irreparabile e senza fornire adeguati sostituti - il regime di soddisfacimento dei neo-bisogni specifici della economia dipendente, può determinare gravi danni in termini di scompensi psicopa-tologici gravi, come nel caso illustrato, sino a forme severe di tentato suicidio.
Sulla base di queste considerazioni, si può ritenere che un’attenzione prioritaria a questi a-
spetti possa rientrare all’interno di una coerente strategia di riduzione del danno.
Bibliografia
CANCRINI L. (1991), Il vaso di Pandora. Manuale di Psichiatria e psicopatologia, La Nuova Italia
CLERICI M.(1995) La psicopatologia come variabile predittiva dell'esito del trattamento dei di-sturbi da uso di sostanze, in L. ROMEO (a cura di), La ricaduta tra percorso tossicomanico e strategie terapeutiche, Edizioni Alice, Comano.
MCDOUGALL J. (1997) Eros. Le deviazioni del desiderio, Raffaello Cortina Editore, Milano. MARTIGNONI G. (a cura di), (1990), Seduzioni di normalità. Linguaggi giovanili degli Anni Ottanta,
- (a cura di),(1986), A come Alice. Mutamenti generazionali e fenomeno droga. Esiste un nuovo tossicomane?, Edizione. Alice, Bellinzona.
WINNICOTT D. W. (1970), Sviluppo affettivo e ambiente. Studi sulla teoria dello sviluppo affettivo,
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