Quando si parla di Cipro e della sua crisi si dimentica di precisare che la Cipro in oggetto è la parte greca del 'isola. Non c'entra la "Cipro turca", cioè i circa due quinti del paese riconosciuti solo dal a Turchia. La precisazione non è superflua perché è proprio dalla divisione del 'isola, causata dal a sconsiderata dichiarazione di annessione pronunciata dai colonnelli greci nell'ormai lontanissimo 1974, che nasce la sua crisi economica. La separazione di fatto della parte greca da quella turca causò ai greco-ciprioti diffuse perdite di proprietà individuali e la fine di un porto importante e produttivo come Famagosta che hanno innescato un crescente decremento dello sviluppo economico da cui l'isola non si è più ripresa. Oggi la "repubblica di Cipro" è un piccolo paese con poco più di 850.000 abitanti. E' da questa condizione di fragilità che nasce la scelta di diventare un centro finanziario privilegiato, con tasse basse e interessi bancari elevati, e dunque, avendo già in radice le distorsioni nell'equilibrio economico che sono ormai note a tutti.
Erano ben conosciute però tali distorsioni anche dagli organi di controllo dell'Unione Europea quando, nel 2002, la "repubblica di Cipro" ottenne l'ingresso nel 'Unione. Ragioni storiche e culturali per questo ingresso non ce n'erano o erano molto labili. Ce n'erano evidentemente di molto meno nobili. E' certo che da allora, oltre ad essere un rifugio prediletto di capitali di incerta provenienza, Cipro guadagna l'appeal di essere parte di un sistema economico di vaste proporzioni, quello dell'euro, consentendo anche ai capitali russi di uscire dal loro sistema trabal ante per immettersi, appunto, in Europa tramite l'isola. Che poi anche il sistema europeo sarebbe diventato instabile, ed anche peggio, nel 2002 non era evidentemente previsto. Infine la scelta delle banche cipriote di investire massicciamente in titoli greci, sulla base delle false informazioni fornite dalla banca centrale greca (ma confermate da Bruxelles, Bonn e Parigi), è stata la miccia corta che ha avvicinato l'esplosione. Si aggiunga a questo l'esiziale norma statunitense che consente al e banche di risparmio di speculare nei mercati finanziari. Questa norma (introdotta si badi non dal perfido Bush ma dal democratico Clinton, e non abrogata nemmeno da Obama, nonostante stia al a base del a crisi finanziaria globale) è stata subito fatta propria dall'Ue. Quanto a Cipro, l'ingresso in Europa non servì neanche a riunificare l'isola, visto che la parte turca aveva si accettato un piano elaborato da Assemblea delle Nazioni unite, Ue e Stati uniti, ma la parte greca si era premurata di respingerlo.
Nelle recenti vicende c'è anche l'eco di una componente politica. Quasi un anno fa, nel giugno 2012, l'al ora primo ministro comunista, Christodias, chiese la prima assistenza finanziaria per l' isola. Ad inizio di quest'anno, cambiato il governo cipriota, prende il potere il conservatore Anastasiades, un avvocato che gestisce i patrimoni di alcuni miliardari russi. Anastasiades è appoggiato, per simpatia ideologica, anche dal a signora Merkel. A completare il quadro, ad inizio di marzo diventa ministro del e finanze Michalis Sarris, ex funzionario della Banca Mondiale (tanto per cambiare). Si arriva ai giorni del quasi crac. A meta' marzo Cipro ottiene dal a ormai famigerata troika un aiuto di dieci miliardi di euro, a condizione di un sostanzioso prelievo sui depositi. Da questa "tosatura" sarebbero arrivati i sette miliardi mancanti all'isola. Il parlamento però respinge l'accordo perché lo ritiene troppo oneroso per i depositanti. Pochi giorni dopo si raggiunge un secondo accordo che sembra salvare i depositi sotto i 100 mila euro. In realtà, come ha scritto il New York Times, mentre i ciprioti facevano le code ai bancomat per poche centinaia di euro, altri depositanti - i più forti, come i grandi fondi russi - accedevano con una serie di tecniche al loro danaro e lo spostavano a piacimento. Anche il governo russo, che aveva fatto per qualche ora la voce grossa di fronte alla prospettiva del sequestro in banca, improvvisamente tace e dunque accetta la presunta tosatura dei suoi cittadini. Davvero strano. Come è strano che la Bce non abbia fornito dati sul 'ammontare dei capitali in gioco. Secondo alcune stime - sempre del Nyt -
quattro milioni di conti correnti hanno lasciato l'isola in pochi giorni, anzi in poche ore.
I conti importanti se ne vanno ma resta un messaggio dato che la vicenda cipriota ha dato al mondo: i conti bancari non sono più al sicuro nel e banche europee, a meno che non si trovino sotto l'ombrello tedesco. Inoltre, il colpo dato all'economia cipriota è stato forse pari a quello dato alla Grecia. Ed infine è stata ammainata una bandiera della Ue, quella della libera circolazione dei capitali: le restrizioni a Cipro sono tali da lasciar pensare che l'euro bis, o euro del sud, esista già anche se nessuno ne parla. Così come nessuno spiega come l'economia cipriota possa risollevarsi in una situazione del genere. Mentre la stampa specializzata avverte che in lista d'attesa per seguirne le sorti, ci sono già Slovenia, Malta e Lussemburgo. E il ministro delle finanze Jeroen Dijsselbloem, presidente dell'Eurogruppo (non uno sconsiderato chiaccherone), dichiara che quello adoperato a Cipro sarà il nuovo modello da utilizzare per i futuri salvataggi. Ecco, così funziona questa strana Europa di cui ci diciamo, sempre meno convintamente, cittadini.
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