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L'allegra Finanza veneziana
Terremoto ai vertici della Guardia di Finanza veneziana. La prima scossa arriva all'inizio di gen-naio: un trasferimento punitivo, seguito ad una comunicazione giudiziaria per « interesse privato in atti d'ufficio e collusione» (emessa dalla Procura della Repubblica di Venezia), colpisce il colonnel-lo Ausiello, comandante del nucleo regionale veneto di Polizia tributaria.
Passa solo un mese. Altri trasferimenti cadono a pioggia su alti gradi delle fiamme gialle: il 4 feb-braio è infatti la volta del tenente colonnello Compagna, del 1° gruppo del nucleo di Polizia tributa-ria (si occupava di petrolio e affini), e di altri due ufficiali, i tenenti colonnelli Battistella (gruppo Treviso) e Favalli (gruppo Vicenza). Per Pasquale Ausiello è l'arresto: domenica 18 febbraio il co-lonnello viene rinchiuso nel carcere di Santa Bona a Treviso, sospettato di aver accettato una tan-gente di circa un miliardo per coprire una colossale evasione fiscale. Causa di tutto un complicato affare di lubrificanti scoppiato a Treviso alcuni mesi prima, per contrabbando di petroli e affini, a lungo « tollerato » da alti ufficiali della Finanza. La « Lubrificanti Brunello », con un grosso depo-sito a Castagnole di Paese, nella Marca Trevigiana, ha rappresentato la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso di una larga rete di contrabbando ed evasione fiscale che come una tela di ragno copriva tutto il Veneto e parte della Lombardia. L'incognita del « caso », esploso in settembre, è l'u-bicazione della raffineria che per anni ha immesso sul mercato lombardo-veneto il carburante di contrabbando. Quel che è certo è che la ditta Brunello vendeva ingenti quantitativi di petrolio e lu-brificanti alle aziende della zona senza dichiararli alla Finanza e pagare le relative imposte. Il mez-zo è semplice: i camion che trasportavano il carburante di contrabbando si servivano infatti di do-cumenti di accompagnamento (H Ter) falsificati accuratamente in una tipografia svizzera. Docu-menti simili venivano venduti dalla Brunello anche ad altre aziende di idrocarburi che nella zona attingevano al comodo canale del contrabbando. Con questo espediente i «trafficanti» avrebbero frodato il fisco di circa 100 miliardi. Solo in un anno e mezzo l'evasione-accertata della principale imputata, la Brunello, ammonta a ben 16 miliardi di lire. Alla fine di settembre lo scandalo invade le cronache dei giornali locali. Brunello è arrestato. Sono coinvolti (e poi misteriosamente spariti) anche i « clienti » illegali che acquistavano H Ter falsificati, industriali di Verona, Vicenza, Milano e Cremona. Ma la rete sembra essere ancora più vasta.
Allo scandalo, in ogni caso, si arriva in maniera del tutto fortuita: a Sandrigo, nel vicentino, viene controllato un camion carico di petrolio con H Ter falsi. Il petrolio risulterà in seguito appartenere alla ditta Brunello, che proprio in quei giorni era sottoposta ad un controllo fiscale (stranamente an-dato a vuoto, benché i registri della ditta fossero da sei mesi in mano alla Finanza) da parte del nu-cleo tributario di Mestre. Il caso è affidato al giudice istruttore Napolitano di Treviso. E a questo punto si registrano le prime scosse. A provocarle è l'avviso di reato (poi trasformato in arresto) con-tro il colonnello Ausiello, che ha coperto l'affare del contrabbando. E ci sono anche altre voci che circolano, insistenti, su complicità a livelli più alti: si fanno addirittura i nomi del Comandante ge-nerale e del Comandante di Stato Maggiore della G.d.F., visto che la vicenda, come notano gli stessi inquirenti, assume sempre più contorni nazionali e coinvolge quelli che « controllano 1'80% del traffico in tutta Italia e il 100% al Nord », con diramazioni a Verona e Milano.
Siamo andati ad interrogare su queste « voci » il generale di brigata Luciano Paladri, comandante della zona veneto-tridentina della Guardia di Finanza.
« Anch'io ho sentito qualcosa, qualche voce - risponde il generale - ma non so che cosa dire. Certo, l'affare è grosso, e se dovessimo spingere così in alto sarebbe catastrofico. Ma tutto è possibile. Noi abbiamo subito voluto momentaneamente trasferire le persone che in un certo qual modo avevano avuto a che fare con il caso Brunello. Però una cosa è certa: se ci sono responsabili pagheranno. Per il momento abbiamo solo voluto evitare equivoci, in attesa che la macchina giudiziaria arrivi ad una conclusione definitiva ».
E sentiamo l'altra voce delle fiamme gialle, quella meno «ufficiale», che si esprime attraverso il Coordinamento dei finanzieri democratici. Risponde un rappresentante del Coordinamento, del qua-le per ovvi motivi non possiamo rivelare le generalità: « Temiamo che si voglia scaricare eventuali colpe sulle spalle dei pesci più piccoli, cominciando da questi ufficiali superiori e scalando verso il basso, colpendo magari gente del tutto estranea ai fatti. Sarebbe invece opportuna un'occhiata ai vertici. Siamo convinti che le cause di complicità o inadempienze vadano ricercate nelle gerarchie più alte, quelle che reggono le fila del discorso. Tanto per fare un esempio, pare che il figlio dell'ex Comandante generale del corpo, Raffaele Giudice, sia stato implicato nello scandalo del petrolio. Ma non sono certo queste le notizie che vengono a galla. Oggi, si sta cercando di risolvere tutto il caso con dei semplici trasferimenti. Ma in realtà bisognerebbe chiamare in causa tutta la struttura del corpo. La gerarchia militare è per sua natura verticistica: una sola persona è in grado di far appa-rire corrotte centinaia di altre persone, come il colonnello Ausiello e gli altri coinvolti in questa sto-ria. I veri motivi vanno cercati nello scarso funzionamento della struttura della Finanza, che si può eliminare soltanto con la smilitarizzazione, l'organizzazione democratica e la preparazione tecnica professionale di tutto il personale utilizzato ».
Il caso resta aperto. Le indagini della Magistratura veneziana continuano. In attesa di nuovi trasfe-rimenti?

Source: http://www.toni-depalo.it/var/downloads/risorse/pdf-trascrizione/risorsa-00472.pdf

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