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"Il Dc 9 Itavia coinvolto in una battaglia aerea"
ROMA - Un primo caccia nascosto nella scia del DC9 Itavia, un secondo caccia in rotta di collisione (di attacco?), tutti gli altri velivoli militari inquadrati dalle basi della Difesa aerea italiana nelle ore a cavallo del momento dell'esplosione con il sistema d'identificazione spento. A tre settimane dalla conclusione dell'inchiesta sulla strage di Ustica (27 giugno 1980, 81 morti), l'ultima analisi compiuta dagli esperti sui dati radar di quella sera sembra confermare che l'aereo di linea Bologna/Palermo si trovò coinvolto in uno scenario di guerra. Alle conclusioni della perizia, che porta la firma di due docenti (Dalle Mese e Tiberio) e di un ufficiale dell'Aeronautica (Donali), è stato allegato anche un certificato di attendibilità dei dati, trasmesso dal quartier generale della Nato. Insomma, per dirla col ministro della Difesa Beniamino Andreatta, che aveva auspicato una rapida chiusura del caso Ustica, alla scadenza del prossimo 31 dicembre non ci sarà bisogno di fare ricorso al Prozac. Basterà leggere le carte. Quattro le categorie di elementi che l'ultima perizia mette a fuoco. Primo. Quando si trova nel cielo tra Bologna e Firenze, il DC9 viene agganciato da un caccia non identificato proveniente da Nord Ovest che si piazza all'ombra del suo segnale radar e comincia a seguirlo durante la sua rotta in volo parallelo. Secondo. Poco prima dell'esplosione, il radar di Ciampino rileva a nordovest del DC9 due segnali radar corrispondenti ad un aereo non identificato che si muove con una traiettoria ortogonale rispetto al volo di linea. Che si trattasse di un caccia lo aveva già affermato nel novembre 1980 John Macidull, un esperto dell'ente americano per la sicurezza del volo. E nel 1982 John Transue, direttore del Dipartimento di guerra aerea del Pentagono, aveva aggiunto che secondo lui quel caccia era impegnato nella "classica manovra d'attacco" che precede il lancio di un missile. Conclusioni violentemente contestate dai militari italiani. Terzo. Nella sera della strage, tutti gli aerei militari che i nostri radar tengono sotto controllo, volano per circa tre ore e mezzo (tra le 19,30 e le 23, l'esplosione avviene alle 21) senza inserire il SIF2, vale a dire privi di sistemi di identificazione. Spiegano i periti: "L'assenza sistematica di tali codici, che tra l'altro consente una più agevole identificazione del velivolo, non può essere causata dal fatto che la funzione di interrogazione da parte del sistema è stata inibita in tutti i siti della Difesa aerea". Infatti, altri aerei con altri codici (quelli civili) vengono "interrogati" e "rispondono". E allora? "Le risposte di codice SIF2 sono state disattivate dai trasponditori di tutti gli aerei militari presenti nello scenario aereo di competenza della Difesa aerea nazionale" e questo "può essere conseguenza di un ordine a diffusione limitata ai soli voli in atto in quell'intervallo di tempo". Un ordine impartito da chi e per quale motivo? Quattro. Contrariamente a quanto affermato in via ufficiale dalle autorità di Parigi, i nostri radar indicano che nella sera della strage aerei militari francesi operarono in diverse zone nel cielo del Tirreno utilizzando la base di Solenzara (Corsica) e forse non solo. Ci sono tracce che mostrano una riduzione di velocità e di quota di alcuni di questi aerei quando si trovano ancora sul mare, riproponendo l'ipotesi definita "plausibile" anche dagli esperti Nato della presenza di una portaerei in attività. "L'assenza dei codici di identificazione militari dimostra che fin dal pomeriggio della strage il sistema di Difesa aerea doveva e poteva individuare cosa stava accadendo. E adesso il governo è finalmente richiamato alle sue responsabilità", dice Daria Bonfietti, che guida l'Associazione dei familiari delle vittime di Ustica. E dal vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni viene un severo richiamo perché tutte le istituzioni, "nessuna esclusa" (l'Aeronautica?), offrano alla magistratura lo stesso aiuto garantito da questo governo. Ieri mattina, in vista della scadenza dell'inchiesta (fine dicembre), il giudice Priore è andato a Palazzo Chigi. E subito dopo ha interrogato l'ex ministro della Difesa Lelio Lagorio. Quattro lunghe ore di domande sui documenti sequestrati a Palazzo Baracchini. Andrea Purgatori - Corriere della Sera  

Source: http://www.stragi80.it/rassegna/quotidiani/purgatori/ap111297.pdf

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